Martin Granieri e il passo falso sulla società digitale
Innanzitutto ringrazio Laterza e Giuseppe Granieri per avermi inviato una copia de La società digitale.
Comincio questo post dicendo che il libro mi è piaciuto in pochissimi passaggi e mi dispiace dover esprimere molte perplessità sul lavoro di Giuseppe (e non sono affatto solo; un amico comune mi diceva che «sta diventando uno sport nazionale essere perplessi su quel testo»), soprattutto visto che il precedente è stato per me un testo miliare per il fenomeno weblog in italiano. Ho cercato faticosamente di cogliere dove vada a parare un testo certamente ambizioso ma che in conclusione ripete molte cose dette e scontate per chi è online, con un linguaggio troppo complesso per chi non lo è.
- Il libro non riesce a essere divulgativo: per i newbie è troppo filosofico, l’ottimismo diffuso alla lunga infastidisce e i riferimenti alla semiotica e a Machado pure.
- Il testo è privo dei rimandi allo “stato dell’arte” degli studi dell’economia, della sociologia e della psicologia che permetterebbero di approfondire. Sono rimasto attonito appena aperto il libro non trovando nella bibliografia La nascita della società in rete di Manuel Castells. Credo che chi abbia letto Castells sappia che cosa intendo per approccio completo e con padronanza alla società in Rete e al contesto teorico. Leggere di diffusione dell’innovazione senza alcun riferimento (anche teorico) ai “mostri sacri” mi ha disorientato. La ricerca sociologica, l’esaustività bibliografica e le aspirazioni accademiche di cui parla Massimo Mantellini, nella mia modestissima opinione, qui sono lontanissime. Queste riflessioni fanno passare in secondo piano persino l’uso “allegro” e discutibile di termini come «normalizzazione», «normalità sociale» e «meccanismi» in certi contesti e le citazioni senza riferimenti in cui spesso incorrono i miei tesisti e che credo siano semplici sviste.
- La contrapposizione tra cittadinanza digitale e cittadinanza tradizionale (cfr. pag. 9) appare forzata. Semmai l’una si innesta sull’altra.
- Le declinazioni del capitale sociale di Coleman, Putnam, Fukuyama, Donati ecc. (non citati) come si collocano in un contesto di società digitale? (cfr. pag. 81)
- L’affermazione secondo cui «nessuna acquisizione o nessuno spostamento di capitale ha finora prodotto cambiamenti significativi nell’evoluzione della Rete» (cfr. pag. 95) è facilmente confutabile.
- I network sono quasi “deificati”; di notte sogno processioni di cultori de “i network” che marciano per le strade percuotendosi con i mouse come cilici contemporanei. :P Scherzi a parte: what about l’asimmetria informativa e il digital divide?
- Scalfarotto sarebbe stato un successo da mettere vicino al caso Dean? Passiamo avanti…
- La tesi numero 42 («Un individuo privo di un weblog o non riconducibile ad un weblog tende ad essere percepito come portatore di un’identità debole») non solo è priva di supporti empirici (come molte altre cose scritte) ma (sempre che non si tratti di una boutade) trascura altre manifestazioni molto forti dell’identità online. È una maldestra stoccata a Metitieri? :)
- Perché pubblicare con Laterza sotto copyright se «non ha senso limitare la circolazione dei propri contenuti». Dissociazione da autorevolezza (scala «aspirante, patetico, sospeso, scrittore»; cfr. pag. 117)?
Le mie osservazioni non vogliono mettere in questione la mia stima per Giuseppe e sono chiaramente circostanziate, però credo che La società digitale risulti complessivamente un passo falso e che la portata delle tesi sia molto lontana da quella delle tesi affisse da Lutero sul portone della chiesa di Wittenberg. Ho tuttavia apprezzato alcune succose citazioni («Don’t be Leo»), alcuni guizzi e la seconda parte in cui si cerca di raccontare i cambiamenti della rivoluzione digitale.
Grazie per la segnalazione. No, non credo che Granieri volesse criticare me, sono troppo poco importante perche’ lui si scomodi. Lui parla solo o con i suoi seguaci Vib, oppure, direi, con “da Zambardino in su”.
Questo e’ solo il suo generale entusiasmo fideistico per la Rete, quello che gli fa scrivere, appunto, che chi non usa la Rete e’ solo perche’ non sa usarla. Il che e’ una emerita cazzata, o per lo meno un’affermazione piena di eccezioni.
Cosi’ come e’ una cazzata scrivere che la presenza in Rete sia solo blog. Come spiega anche Gillmor, la presenza, quella necessaria a ricondurre l’identita’ on line alll’identita’ in Real life, garantendo l’attendibilita’ necessaria a una conversazione seria, e’ data da un profilo personale completo e veritiero, non basta un blog.
Anyway, come ho scritto altrove:
http://rateyourmusic.com/yaccs/p/commentsn/
blog_id=90000025327_and_blog_entry_id=1152638883
(guardare i commenti da 5 a 1), anche a me il libro non e’ piaciuto. Ma io, a dire il vero, avevo gia’ trovato troppo ideologico e trionfalistico anche il precedente.
E Granieri non l’ho mai stimato molto. In fondo, come tra le righe dici anche tu, scopiazza e rielabora cose arcinote pescate in Rete, raccontandole con un linguaggio volutamente difficile e da iniziati e senza mai metterci nulla di suo, se non un talebano estremismo. Per me, che scrivo in modo semplicissimo e sempre attento a riportare numerosi punti di vista, i suoi libri sono illeggibili, inutili e da cestinare, o dei tentativi non riusciti di essere dei saggi accademici.
Poi, adesso che e’ “famoso”, manco risponde alle mail, il Signor Grande Maestro, cosa che trovo decisamente cafona e completamente fuori dagli usi e costumi della Rete di noi vecchi navigatori. D’altra parte, e’ un parvenu’, costui, no?
;-)
Ciao, Fabio.
“Lui sosteneva – e per certi versi ci credeva davvero – che l’aumento del flusso di informazioni all’interno della società sia di per sé una bella cosa. E che la libertà non sia altro che la possibilità di stabilire diverse interconnessioni tra individui, progetti, organismi, servizi. Secondo lui il massimo della libertà coinciderebbe con il massimo di scelte possibili. Servendosi di una metafora basata sulla meccanica dei solidi, queste scelte le chiamava gradi di libertà.
[…]
La sua vita, come avrei appreso dopo quella conversazione, era estremamente funzionale. Abitava in un monolocale nel 15° Arrondissement. Il riscaldamento era compreso nell’affitto. Lui si limitava a dormirci, giacchè in effetti lavorava molto; spesso, fuori dall’orario d’ufficio, leggeva Mycro-Systémes. Per quanto lo concerneva, i famosi gradi di libertà si riducevano alla scelta del menù della cena tramite Minitel.
[….]
La sera mi piaceva guardarlo comporre il menù sul Minitel posato sull’angolo sinistro della scrivania. Lo stuzzicavo sulle messaggerie rosa; ma in realtà sono convinto che fosse vergine. In un certo senso era felice. Si sentiva, a buon titolo, attore della rivoluzione telematica. Davvero percepiva ogni crescita del potere informatico, ogni passo avanti verso la globalizzazione della rete, come una vittoria personale.”
Ho letto blog generation, e mi è molto piaciuto. Società digitale non riesco a trovarlo in libreria. Su una cosa però dissento: Giuseppe risponde alle email. Almeno alle mie, sempre. Ed è anche molto disponibile, nonché molto impegnato.
Alcune mie considerazioni, con risposta di Giuseppe, qui http://vincos.spaces.live.com/blog/cns!1BE30B71856FFF9D!1928.entry
scusa, questo è il mio primo blog :-), hai idea di perchè non sei riuscito a fare il trackback, c’è qualcosa che non va nel mio wp?
Ciao!
Sarò decisamente breve e concisa: sto preparando la tesi sulla società digitale, una visione sociologica dei cambiamenti di attribuzione di valore alle persone quando di mezzo c’è la rete. Hai qualche consiglio da darmi? qualche testo qualsiasi cosa? parti pure dai più banali ma rilevanti! ti ringrazio! questa la mia mail no12live4@gmail.com
Serena