Letta su una nave
«Sapientia gubernator navem torquet, non valentia»
(trad.: «Il nocchiero governa la nave con la sapienza, non con la forza».)
(Titinio).
«Sapientia gubernator navem torquet, non valentia»
(trad.: «Il nocchiero governa la nave con la sapienza, non con la forza».)
(Titinio).
Ho messo le mani in anteprima su due Nokia N97. Video e foto sono su KiAmaNokia. :)
I ragazzi di Torino Sistema Solare, movimento torinese molto vivace, hanno fatto un clip spettacolare sulle mafie e sui loro affari che non pagano la crisi partendo da un grammo di cocaina ed evidenziando a che cosa porta. Me l’ha segnalato Francesco. Contro la droga e contro le mafie. Notevole anche la colonna sonora tra la house e l’8-bit di Postal_m@rket.
(crosspostato su Rosalio)
Simone Lovati ha rielaborato una bella riflessione di Mike Arauz sull’amicizia online aggiungendo del suo anche sulla “non amicizia” e su come si passi dal non essere a conoscenza dell’esistenza di qualcuno al massimo dell’engagement (ho detto la parolaccia! :P).
In tempi in cui il concetto stesso di amicizia sta cambiando mi sembra molto interessante.
Liquida magazine mi ha intervistato e si è parlato parecchio di blog.
Non mancano perle acid sulla blogosfera italiana e i top blogger italiani come:
«Mancano moltissime cose, ma per me manca soprattutto la peer review, la critica costruttiva dei progetti e comportamenti dei pari che aiuta a migliorare come singoli e come comunità. Molto più facile fare gruppetti e combattere per l’accaparramento delle scarse risorse. Ma molto meno utile. Si guarda al breve periodo e non al lungo. Siamo italiani anche nella blogosfera: gruppettini e miopia».
E
«Lavorare sui contenuti, non cercare di superare i top blogger perché non ne vale la pena: basta vedere chi sono in Italia. Hanno cambiato qualcosa nella politica, economia o cultura? Ben poco. Davvero vogliamo prenderli come riferimenti?».
Più volte mi sono trovato a parlare del paradosso per cui noi siciliani, così bravi a fare rete in contesti come quelli delle cosche, siamo invece molto meno bravi (per non dire piuttosto scarsi) a collaborare in reti virtuose, ad esempio in contesti lavorativi (in Sicilia, appena lasciamo l’isola è diverso).
Volendo fare un po’ di sociologia spicciola (e non sono certo il primo a dirlo) sarebbe un bene che si generasse capitale sociale gettando ponti (bridging) tra soggetti eterogenei che si arricchiscano a vicenda scambiandosi conoscenza, contatti e altre risorse.
In quest’ottica ho pensato a un fenomeno che si sta diffondendo un po’ in tutto il mondo e che mi sembra molto interessante: il coworking. Si tratta della collaborazione tra soggetti diversi (liberi professionisti, artisti, comunicatori, sviluppatori ecc.) in spazi comuni (non necessariamente con postazioni fisse) nati appositamente per fare comunità. Si trova uno spazio, si condividono le spese, si utilizzano delle aree comuni (sale riunioni, cafè area ecc.) e servizi comuni (segretariato, pulizie, telefono, connessione Internet ecc.), non si hanno orari prestabiliti e si parla, si parla, si parla. In aggiunta è possibile fornire una scrivania o uno spazio per un appuntamento anche per un solo giorno a soggetti che ne hanno bisogno, anche di passaggio in città. In Italia che ne sono di certo già quattro, due a Milano (Cowo e interactiondesignlab), uno a Roma (7thFLOOR) e uno a Bologna (La pillola 400). A Palermo, che io sappia, non c’è nulla di simile.
Questo post ha fini esplorativi ed è una piccola chiamata alle armi: se siete interessati a un cowork a Palermo, se avete uno spazio adatto (anche se ne ho già adocchiato uno), se potreste voler partecipare e condividere uno spazio o se avete qualcosa da dire scrivetemi o lasciate un commento.
(crosspostato su Rosalio)
È online la quarta Web trend map. Da una prima veloce occhiata non c’è dentro nulla di italiano.
AGGIORNAMENTO: Lorenzo nei commenti mi fa notare che ci sono la Repubblica.it, Corriere della Sera.it e il blog di Beppe Grillo.
Due settimane fa ho avuto l’opportunità di provare la Nuova Classe E di Mercedes. Dopo un breve briefing alle porte di Roma abbiamo guidato sull’Aurelia fino all’Autodromo di Vallelunga per effettuare dei panic stop, frenate d’emergenza in cui il pedale del freno viene premuto a fondo. Siamo stati coadiuvati dagli istruttori di guida di 4Wheels che si sono dimostrati molto competenti e professionali.
Ancora una volta la presentazione della vettura è stata molto chiara e schietta: c’è stato detto che Mercedes vuole tornare al top dopo la naturale obsolescenza del modello precedente, che l’auto è considerata un punto d’unione tra usi da berlina classica e business, che la forma è stata rinnovata per essere in linea con il design attuale e (cosa che apprezzo molto) ci sono stati indicati i modelli competitor di Audi e BMW.
Essendo particolarmente attento alla tecnologia a bordo ho apprezzato tutta la dotazione che rende la guida sicura e gradevole: le tecnologie Distronic Plus (che ho gradito molto, per mantenere la distanza desiderata dal veicolo che ci precede), Speed Limit Assist (per la velocità di crociera, in grado di monitorare i cartelli stradali), Attention Assist (in grado di apprendere dai comportamenti del guidatore e di allertarlo quando mostra possibili segni di stanchezza), Lane Keeping Assist (grazie a due telecamere monitora la traiettoria e allerta in possibili situazioni di pericolo), Blind Spot Assist (con un radar e allarme per la zona non visibile dagli specchietti) e Adaptive Highbeam (per un uso intelligente degli abbaglianti). Mi è sembrata ottima anche la dotazione per la navigazione assistita.
In sintesi: si tratta di un’auto bella e molto comoda. Non mi hanno colpito particolarmente i materiali plastici utilizzati per gli interni ma forse ciò potrà essere superato quando verrà effettuata una revisione dell’allestimento.
Grazie ad Alessia Argento e a Micaela Seganti di Mercedes-Benz Italia, a Silvia Marinucci di xister e a Flavio Guglielmini di 4Wheels.
È possibile vedere le foto del test drive e i video dei panic stop (1 – 2 – 3).
Ho trascorso buona parte della settimana prima della precedente a Barcellona (ho volato benissimo con Clickair, che vi consiglio) e c’è qualche pensierino da condividere.
Barcellona è una città che ha delle risposte per tutti, che coniuga l’anima mediterranea e la globalizzazione, a misura di turista, con la tradizione e la tecnologia. Il disagio che si prova a confrontarsi con le capitali europee se sei italiano è sempre forte. Barcellona vince anche in confronto a Roma (in relazione al funzionamento della città) e mi fa pensare che in Italia ci sia una carenza di olio di gomito sconfortante. Eppure non mi limito a lamentarmi: credo che bisogna darsi da fare e che la speranza di una vita e di un paese migliori non si debba MAI abbandonare.
Io sono stato da Yahoo! Research per lavoro e ho conosciuto Ricardo Baeza-Yates, un cileno molto gioviale e con delle belle idee. Per esempio sostiene che ci sia un social network implicito tra persone che cercano usando le stesse chiavi di ricerca. E che dal query mining sui singoli siti ci sia molto da imparare per l’ottimizzazione dei contenuti e delle etichette. Per il resto Hugo Zaragoza mi ha mostrato Correlator.
La città è uno spettacolare mix di cose, dal quartiere dell’innovazione 22@ con la tecnologia Torre Agbar, al Puerto Olimpico con i suoi localini dove abbiamo gustato una spettacolare sangria (Opium mar), a Las Ramblas con i paradossali venditori di animali (ma chi se li compra???), al mercato de La Boqueria con la merce esposta in piramidi attraenti, al fascinoso Barri Gòtic, ai capolavori del genio di Gaudí (mi ha colpito meno la Sagrada Família, più Casa Battló e Parc Güell) per finire con la Fuente mágica. C’è una cura maniacale dei particolari (coniugando senso estetico e praticità), dalle mattonelle dei marciapiedi con motivi floreali alla salita a Parc Güell lavorata per renderla meno scivolosa alle rotaie con l’erba dei tram all’Avinguda Diagonal che taglia in due la città permettendo un rapido attraversamento. E poi è tutto un cantiere popolato di gru che spuntano tra le case e i palazzi.
Mi ha colpito il “suono” di Barcelona, le parole “troncate” in catalano e poi sia la chitarra e gli archi pizzicati negli angolini dagli artisti di strada che la musica raffinata dei negozi e dei locali. Ma anche la vitalità che si respira ovunque e a tutte le ore.
Viene quasi da trovargli un difetto da italiano invidioso ed è così che mi sono accorto del fatto che la statua di Colombo che col dito punta verso il mare non indica il Nuovo Mondo, bensì l’est. Mentre le ragazze spagnole non c’è granché da invidiarle: senza offesa sono mediamente bruttine, con le loro frangette nette, gli stivaletti o le scarpe zeppate e quei lineamenti vagamente mascolini e poca eleganza. Eppure mi sentirei gaffosamente berlusconiano nel dire che in Italia almeno c’abbiamo le belle ragazze: basterà questa consolazione per la nostra decadenza?
Rosalio, l’urban blog su Palermo che gestisco, è finito nell’edizione del TG5 delle 20:00 di ieri (da 25′ 51″ a 27′ 26″).
Avevamo parlato dell’indagine su una società che sembra rinconducibile alla figlia di Totò Riina e al marito e lui è intervenuto nei commenti.
AGGIORNAMENTO: i principali quotidiani nazionali hanno ripreso la notizia.
La scorsa settimana la Online Publishers Associations ha proposto tre nuovi formati per i banner che potremo presto trovare sui siti (ad esempio quello del The New York Times e quello di BusinessWeek).
C’è un “pannello fisso” da 336 per 860 che scorre con la pagina, un “box XXL” da 468 per 648 adatto ai video e un gigantesco 970 per 418 “pushdown” che si apre e scorre verso l’alto.
Sembra che abbia molto a che fare con i problemi di raccolta pubblicitaria degli ultimi tempi.
Facebook è l’hype del momento, con una presenza sbalorditiva (ma supportata dai numeri degli utilizzatori) anche sui media tradizionali. Due anni fa la stessa presenza era toccata a Second Life. C’è un bel post (da notare il tag deathwatch) su VALLEYWAG che definisce il citatissimo e ormai deprecato mondo virtuale «overhyped» e dichiara finita l’era di Second Life chiosando: «Punta diretto all’irrilevanza».
Reuters (che ha chiuso l’ufficio 3D, come tanti) e WIRED sono ormai attenti ad altro e al momento sembra che rimanga un uso moderato per raduni, eventi culturali e istruzione.
Mi torna in mente una bella metafora usata da Giuseppe Granieri in un’intervista in cui ancora a ottobre scorso definiva «utile» Second Life e si poneva dalla parte di chi ha capito tutto prima degli altri:
«Nell’Inghilterra della tradizione orale, nel Settecento, un nobile che aveva dedicato 10 anni a scrivere un saggio di storia naturale, veniva preso in giro dai suo colleghi di sangue blu: ma come, perdi ancora tempo dietro ai libri?. È tutto normale. Succede e succederà sempre».
Io rimango dalla parte di quelli che “non hanno capito” il fenomeno (e che ne hanno fortemente sconsigliato l’uso ai clienti in contesti di consulenza) e, con quella scienza esatta che è il senno di poi, credo di poter oggi affermare che forse i colleghi di sangue blu contemporanei avevano ragione, che chi ha impiegato il suo tempo dietro a quei libri metaforici non era un novello Linneo e che quella scienza non era la storia naturale. Era l’alchimia.
Da ieri il managing director di Universal Music Italia è Alessandro Massara. Innanzitutto in bocca al lupo! Poi leggetevi qui quello che fa oggi una major del genere (gestiscono i diritti di I wanna hold your hand e di I will survive, sono leader nel settore della musica classica, controllano la Motown, per esempio; per non parlare degli artisti sotto contratto e del catalogo).
Però volevo dirvi che io mi sono emozionato soprattutto perché quando facevo io il deejay Massara era alla Flying Records, etichetta che ha stampato cose tipo Say no go dei De La Soul, Extasy express di The End, Gimme a fat beat di Digital Boy, Rockin’ romance di Joy Salinas, 4 peace 4 unity di Space 1 e I wish di Skee-Lo. E poi Flying era UMM, quindi quella di cose come Crayzy Man dei Blast feat V.D.C., I like to move it e tutte le altre dei Reel 2 Real, Don’t give me your life e Wrap me up di Alex Party, I’m standing degli X-Static…
Ricordo chiaramente uno spot di Blu di una decina di anni fa in cui si immaginavano le evoluzione della telefonia cellulare e si mostrava una videochiamata. Ho provato nuovamente (e in maniera più estesa) la stessa sensazione di fiducia e di impazienza rispetto a ciò che il futuro e l’evoluzione tecnologica ci riservano con questo video di Microsoft…dal 2019. Buona visione.
AGGIORNAMENTO: qui ci sono altri video pertinenti e interessanti.
(da the Frisky, via BUZZFEED)