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FutureSex/LoveSounds

Justin Timberlake è tornato con un cd che gira nel mio lettore da una settimana circa (ok, è uscito venerdì, ma ho avuto l’anteprima grazie a Dario): FutureSex/LoveSounds. Il cd merita molto! Come suona? Sa un po’ di Prince.

Si comincia con la title track FutureSex/LoveSounds che è uno dei pezzi più forti e fa l’occhiolino a Another one bites the dust; il ritornello è killer: prossimo singolo? Si continua con Sexy back, electro-pop un po’ alla Rudebox prodotto da Timbaland. Carini i passaggi strofa, bridge, chorus con «Take it to the bridge!» e «Take it to the chorus!». Sexy ladies ha un bel bassone e condivide con My love (con T.I.) una tastierina kitsch. Seguono Lovestoned/I think she knows (che è un pezzo composto da due momenti diversi, altra trovata carina…c’è il beatbox nella prima e bonghi e violini nella seconda), What goes around…comes around (che richiama Cry me a river ma anche i suoni dell’Oriente) e Chop me up con Timbaland e i Three 6 Mafia. Will.i.am, fondatore dei Black Eyed Peas, è con Justin in Damn girl, poi tocca a Summer love/Set the mood, tirata all’inizio e molto morbida nella seconda parte. Morbidissima Until the end of time con The Benjamin Wright Orchestra. Losing my way ha un coro gospel e la seguente (Another song) All over again suoni “classici” abbastanza distanti dal resto del cd, ma valorizza molto il cantato. Chiude il cd Pose, insieme a Snoop Dogg, su un fotografo…porno. :)

In questa recensione mancano alcuni pezzi che non erano inclusi nella copia in mio possesso.

Justin Timberlake - FutureSex/LoveSounds

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Dicono di noi

Francesca mi diceva della grafica di questo blog: «a me piacciono i colori..il tuo [blog] sembra quello di una usl».

:)

AGGIORNAMENTO: ho fatto una variazione “colorita” nella testata.

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“BlogDay” 2006

Oggi è il BlogDay (qui la pagina del wiki in italiano). I blogger di tutto il mondo posteranno una raccomandazione di cinque nuovi blog, preferibilmente differenti dalla loro cultura, dal loro punto di vista e dalle loro attitudini.

Ecco i miei cinque blog.

  • Il blog di Mahmoud Ahmadinejad (ir): il blog (sempre che non sia un fake) di quello svitato del presidente iraniano. Da un punto di vista tecnico è abbastanza avanzato. Non bisogna conoscere il persiano per capire che contiene aberranti farneticazioni.
  • BlogGoverno: multiblog di sinistra. Molto carino il format. Frammentato come la coalizione di Prodi.
  • SCAPPO.IT: un blog dedicato a tutti quelli che cercano qualcosa di diverso, che vorrebbero fuggire o sono fuggiti dal proprio paese di origine. Io per ora sono rimasto qui. Prima o poi scappo anch’io…
  • caramel pop: il blog di una sedicenne della provincia di Palermo. Avessi avuto io tutti quei bei pensieri in testa a sedici anni. Morbido e mieloso.
  • print & pattern: blog di un designer con una passione per i pattern in tutte le sue forme. Mi ipnotizza. Ripetitivo.

“BlogDay” 2006

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Wikialtà

Wikialtà: wiki+realtà. Visione della realtà così come si definisce per il consenso di un certo numero di persone.

Il termine originario è wikiality ed è un neologismo coniato dall’attore Stephen Colbert.

Credo che descriva bene molte realtà del mondo postmoderno.

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Classifiche di blog e riflessioni

Le novità in circolazione impongono di ritornare sull’argomento classifiche per i blog. Da tempo stiamo lavorando a una classifica che prenda in considerazione non solo Technorati ma anche altre fonti (Google, Yahoo!, Bloglines ecc.). Generare un algoritmo che dia risultati privi di anomalie macroscopiche non è facile. Ad esempio i dati di Alexa (che sono condizionati dall’installazione di una barra da parte dell’utente), se inclusi nell’algoritmo, generano grossi problemi.

Altri hanno ripreso a “misurare” i blog, portandosi però dietro vecchi problemi. Partiamo dal minore. Nel creare una classifica è poco raccomandabile partire da una base numerica di blog limitata, per almeno un motivo: la classifica non sarà in grado di tenere conto dei meme (che fanno acquistare molti link in periodi di tempo brevi). Faccio un esempio concreto: se ho ben capito Alex sta creando tanti blog-civetta su Blogspot per hackerare la sua posizione nelle classifiche (credo che lo faccia a scopo provocatorio e di test); la classifica di BlogItalia, comprendendo quasi 8000 blog anche senza link, era già “reattiva” ieri, mentre l’altra non riportava il blog in ascesa.

Eppure il problema maggiore che ci si trova ad affrontare è un altro: si possono escludere dei blog per il loro contenuto? La classifica aggregata esclude i blog che forniscono template e secondo me è un errore. Il blog è un CMS, quindi se io volessi riportare ogni giorno (esempio) il mio abbigliamento e i lettori mi leggessero e linkassero non trovo motivi per un’esclusione. Semmai il punto è un altro: alcuni blog di template richiedono come condizione necessaria per l’utilizzo dei template che venga inserito un link. Potrebbe essere questo un criterio di esclusione, vista la “non-volontarietà” (o “libertà condizionata”) del link? In linea teorica sì, però una riflessione approfondita ci porta a chiederci se tutti i link inseriti in altri casi siano “liberi”. I link dei nostri blogroll non hanno tutti lo stesso peso: alcuni sono inseriti per stima, altri per scambio, altri per i motivi più disparati. In questo contesto, nell’impossibilità di tenere conto delle motivazioni del singolo link, credo che non si possano effettuare esclusioni perché risulterebbero arbitrarie. Il criterio (discutibilissimo) è “un link = un punto”, tanto più che il risultato finale, la classifica, non sarà rappresentativa e andrà considerata semplicemente uno strumento orientativo. Assolutamente errato, a mio avviso (e anche un po’ “ego-élitista”?), escludere i blog che non hanno un feed.

AGGIORNAMENTO: Ludo faccio appello a te per rendere open source l’applicazione che effettua le interrogazioni via API e genera la classifica in modo da poter adottare criteri diversi dai tuoi. Lo farai? ;)

AGGIORNAMENTO 2: come prevedibile ha detto di no.

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Martin Granieri e il passo falso sulla società digitale

Innanzitutto ringrazio Laterza e Giuseppe Granieri per avermi inviato una copia de La società digitale.

Comincio questo post dicendo che il libro mi è piaciuto in pochissimi passaggi e mi dispiace dover esprimere molte perplessità sul lavoro di Giuseppe (e non sono affatto solo; un amico comune mi diceva che «sta diventando uno sport nazionale essere perplessi su quel testo»), soprattutto visto che il precedente è stato per me un testo miliare per il fenomeno weblog in italiano. Ho cercato faticosamente di cogliere dove vada a parare un testo certamente ambizioso ma che in conclusione ripete molte cose dette e scontate per chi è online, con un linguaggio troppo complesso per chi non lo è.

  • Il libro non riesce a essere divulgativo: per i newbie è troppo filosofico, l’ottimismo diffuso alla lunga infastidisce e i riferimenti alla semiotica e a Machado pure.
  • Il testo è privo dei rimandi allo “stato dell’arte” degli studi dell’economia, della sociologia e della psicologia che permetterebbero di approfondire. Sono rimasto attonito appena aperto il libro non trovando nella bibliografia La nascita della società in rete di Manuel Castells. Credo che chi abbia letto Castells sappia che cosa intendo per approccio completo e con padronanza alla società in Rete e al contesto teorico. Leggere di diffusione dell’innovazione senza alcun riferimento (anche teorico) ai “mostri sacri” mi ha disorientato. La ricerca sociologica, l’esaustività bibliografica e le aspirazioni accademiche di cui parla Massimo Mantellini, nella mia modestissima opinione, qui sono lontanissime. Queste riflessioni fanno passare in secondo piano persino l’uso “allegro” e discutibile di termini come «normalizzazione», «normalità sociale» e «meccanismi» in certi contesti e le citazioni senza riferimenti in cui spesso incorrono i miei tesisti e che credo siano semplici sviste.
  • La contrapposizione tra cittadinanza digitale e cittadinanza tradizionale (cfr. pag. 9) appare forzata. Semmai l’una si innesta sull’altra.
  • Le declinazioni del capitale sociale di Coleman, Putnam, Fukuyama, Donati ecc. (non citati) come si collocano in un contesto di società digitale? (cfr. pag. 81)
  • L’affermazione secondo cui «nessuna acquisizione o nessuno spostamento di capitale ha finora prodotto cambiamenti significativi nell’evoluzione della Rete» (cfr. pag. 95) è facilmente confutabile.
  • I network sono quasi “deificati”; di notte sogno processioni di cultori de “i network” che marciano per le strade percuotendosi con i mouse come cilici contemporanei. :P Scherzi a parte: what about l’asimmetria informativa e il digital divide?
  • Scalfarotto sarebbe stato un successo da mettere vicino al caso Dean? Passiamo avanti…
  • La tesi numero 42 («Un individuo privo di un weblog o non riconducibile ad un weblog tende ad essere percepito come portatore di un’identità debole») non solo è priva di supporti empirici (come molte altre cose scritte) ma (sempre che non si tratti di una boutade) trascura altre manifestazioni molto forti dell’identità online. È una maldestra stoccata a Metitieri? :)
  • Perché pubblicare con Laterza sotto copyright se «non ha senso limitare la circolazione dei propri contenuti». Dissociazione da autorevolezza (scala «aspirante, patetico, sospeso, scrittore»; cfr. pag. 117)?

Le mie osservazioni non vogliono mettere in questione la mia stima per Giuseppe e sono chiaramente circostanziate, però credo che La società digitale risulti complessivamente un passo falso e che la portata delle tesi sia molto lontana da quella delle tesi affisse da Lutero sul portone della chiesa di Wittenberg. Ho tuttavia apprezzato alcune succose citazioni («Don’t be Leo»), alcuni guizzi e la seconda parte in cui si cerca di raccontare i cambiamenti della rivoluzione digitale.

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Shake your rudebox!

Da queste parti si suona a palla Rudebox di Robbie Williams.

«Got this double fantasy, where we just never stop,
I’ve got one design and that’s to funk it to the top.
Know what’s on my mind, there’s only one thing you will find,
I got one design and that’s to bump it till you drop.

Rudebox, do the rudebox, ‘cos you so nasty.
Rudebox, shake your rudebox, why you so nasty?
Rudebox, do the rudebox, ‘cos you so nasty.
Rudebox, shake your rudebox, why you so nasty?».

“Rudebox”

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Ritardi

Oggi la doccia è slittata di cinque minuti.

Non è facile districarsi nella scelta tra il doccia schiuma alla violetta di montagna tonificante con oligoelementi minerali e vitamina E e il bagnoschiuma alla ginkgo biloba defaticante.

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